CORSO DI CHITARRA D' ACCOMPAGNAMENTO
Come imparare a suonare la chitarra in poco tempo
ENTRIAMO SUBITO NEL VIVO : LA CANZONE DEL SOLE DI BATTISTI
Per iniziare subito a suonare la chitarra occorre imparare 3 accordi (LA , MI , RE) ,che non sono altro che gli accordi della CANZONE DEL SOLE di Mogol e Lucio Battisti, ecco quali sono:
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IL MANTRA SEGRETO DI BATTISTI-MOGOL
Il mantra segreto di Battisti-Mogol
Tre accordi durati quarant'anni
Battisti e Mogol
CAPITA, a volte, che una canzone riesca a incantare una nazione intera. E quando succede c'è sotto qualcosa di magico, una combinazione felice di elementi, un demone benigno che attinge al miracolo della condivisione collettiva. Ma quarant'anni fa, quando uscì "La canzone del sole", accadde un fatto imprevedibile. Il successo fu dilagante, perdurante, inarrestabile, ma a ben vedere mancavano i classici elementi del tormentone, ovvero poche semplici parole ripetute ad arte su note cattura-cervelli. Non c'era l'esplosione liberatoria di "volare-oh-oh" o la perversa efficacia di rime d'ordinanza.
Al contrario c'era una canzone diabolica, un flusso melodico con scarti continui, che i tecnici definirebbero "circolare", tre accordi, sempre gli stessi, La maggiore, Mi maggiore, Re maggiore (con la chiusura del giro che ritorna in Mi maggiore), ripetuti all'infinito come un mantra, come un anello senza fine, sui quali il canto poteva scorrere, cambiare, senza cedere alla tipica alternanza strofa-ritornello. Impensabile, detta così, eppure successe. Una struttura cosiddetta "orizzontale", una serie di moduli ripetuti che teoricamente potrebbe non fermarsi mai, non ha una fine ineluttabile, come capita nelle canzoni più classiche.
"La canzone del sole" aveva qualcosa di irresistibile, e in più grazie ai quei tre accordi, i primi tre che impara qualsiasi apprendista di chitarra, il pezzo diventò facile preda di tutti gli intrattenitori domestici, degli eroi da falò sulla spiaggia, di scout in missione e amanti bisognosi di emozioni al tramonto. Tutti, proprio tutti, potevano riprodurla con una semplice chitarra, malgrado la canzone, come si diceva, avesse una forma moderna, perfino inusuale. Praticamente senza ritornello, il che secondo i criteri del successo popolare, equivale più o meno a una bestemmia.
E poi il testo, tanti colori, incroci passato-presente, e soprattutto una frase, "o mare nero mare nero mare ne" che arrivava quando il furore narrativo del pezzo si abbassava e lasciava spazio a un "piano" colmo di tensione. Magia pura, in cui ripetutamente si sono riconosciute intere generazioni di volenterosi strimpellatori. E poi quel verso, il famoso "mare nero", era anche un'immagine spiazzante. Passi per il biondo-trecce, il verde-prato, ma il mare nero. Come fa il mare a essere nero? Oggi Mogol spiega l'idea come una precoce asserzione ambientalista. Il nero è l'inquinamento che minaccia il mare. Benissimo, ma nella percezione di tutti quel mare nero, oltre alla minaccia ambientale, evocava la notte, il buio della coscienza, i turbamenti del sesso, la purezza che si sporca.
Colpi di genio che fanno volare in alto una canzone. A quel tempo, quarant'anni fa, la musica italiana era in grande fermento. Si cercava un'identità, una storia da rivalutare tra le maglie della tenaglia che il pop anglosassone stava chiudendo intorno all'immaginario della canzone. Battisti e Mogol furono una delle risposte forti a questa aspirazione. Una terza via che eludeva la forza intellettuale dei cantautori da una parte e le semplificazioni sanremesi dall'altra. Battisti possedeva un genio melodico assoluto e soprattutto era moderno, al passo con le nuove forme che circolavano nell'aria, usava ritmiche rock e soul, suoni avanzati.
Mogol aveva il dono di svelare con le parole quello che le melodie contenevano, e anche lui, già autore di tante canzoni "di mestiere", aveva rivoluzionato il suo modo di scrivere, fornendo alle idee di Battisti un paesaggio di tranche de vie autentiche, guizzi impressionistici, turbamenti adolescenziali, spunti originali e inediti che facevano la differenza e permettevano ai ragazzi di allora, come a quelli che sono arrivati dopo, di immedesimarsi a fondo, sentire quelle storie come proprie. E se una canzone dura quarant'anni, se per quarant'anni si continua a cantarla sulla spiaggia vuol dire che sotto c'è qualcosa di grosso. E per capirlo basta provare a cantarla. Una volta iniziata, non si può più fermare.
Tre accordi durati quarant'anni
"La canzone del sole" ha una struttura cosiddetta "orizzontale", una serie di moduli ripetuti che potrebbe non fermarsi mai. Un anello senza fine, in cui il canto può scorrere, cambiare, senza cedere alla tipica alternanza strofa-ritornello. Ma in grado di incantare una nazione intera
di GINO CASTALDO
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La copertina originale
articolo
Il sole sorse piano 40 anni fa
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Intervista a Mogol
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Tre accordi durati 40 anni
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Le cover
Al contrario c'era una canzone diabolica, un flusso melodico con scarti continui, che i tecnici definirebbero "circolare", tre accordi, sempre gli stessi, La maggiore, Mi maggiore, Re maggiore (con la chiusura del giro che ritorna in Mi maggiore), ripetuti all'infinito come un mantra, come un anello senza fine, sui quali il canto poteva scorrere, cambiare, senza cedere alla tipica alternanza strofa-ritornello. Impensabile, detta così, eppure successe. Una struttura cosiddetta "orizzontale", una serie di moduli ripetuti che teoricamente potrebbe non fermarsi mai, non ha una fine ineluttabile, come capita nelle canzoni più classiche.
"La canzone del sole" aveva qualcosa di irresistibile, e in più grazie ai quei tre accordi, i primi tre che impara qualsiasi apprendista di chitarra, il pezzo diventò facile preda di tutti gli intrattenitori domestici, degli eroi da falò sulla spiaggia, di scout in missione e amanti bisognosi di emozioni al tramonto. Tutti, proprio tutti, potevano riprodurla con una semplice chitarra, malgrado la canzone, come si diceva, avesse una forma moderna, perfino inusuale. Praticamente senza ritornello, il che secondo i criteri del successo popolare, equivale più o meno a una bestemmia.
E poi il testo, tanti colori, incroci passato-presente, e soprattutto una frase, "o mare nero mare nero mare ne" che arrivava quando il furore narrativo del pezzo si abbassava e lasciava spazio a un "piano" colmo di tensione. Magia pura, in cui ripetutamente si sono riconosciute intere generazioni di volenterosi strimpellatori. E poi quel verso, il famoso "mare nero", era anche un'immagine spiazzante. Passi per il biondo-trecce, il verde-prato, ma il mare nero. Come fa il mare a essere nero? Oggi Mogol spiega l'idea come una precoce asserzione ambientalista. Il nero è l'inquinamento che minaccia il mare. Benissimo, ma nella percezione di tutti quel mare nero, oltre alla minaccia ambientale, evocava la notte, il buio della coscienza, i turbamenti del sesso, la purezza che si sporca.
Colpi di genio che fanno volare in alto una canzone. A quel tempo, quarant'anni fa, la musica italiana era in grande fermento. Si cercava un'identità, una storia da rivalutare tra le maglie della tenaglia che il pop anglosassone stava chiudendo intorno all'immaginario della canzone. Battisti e Mogol furono una delle risposte forti a questa aspirazione. Una terza via che eludeva la forza intellettuale dei cantautori da una parte e le semplificazioni sanremesi dall'altra. Battisti possedeva un genio melodico assoluto e soprattutto era moderno, al passo con le nuove forme che circolavano nell'aria, usava ritmiche rock e soul, suoni avanzati.
Mogol aveva il dono di svelare con le parole quello che le melodie contenevano, e anche lui, già autore di tante canzoni "di mestiere", aveva rivoluzionato il suo modo di scrivere, fornendo alle idee di Battisti un paesaggio di tranche de vie autentiche, guizzi impressionistici, turbamenti adolescenziali, spunti originali e inediti che facevano la differenza e permettevano ai ragazzi di allora, come a quelli che sono arrivati dopo, di immedesimarsi a fondo, sentire quelle storie come proprie. E se una canzone dura quarant'anni, se per quarant'anni si continua a cantarla sulla spiaggia vuol dire che sotto c'è qualcosa di grosso. E per capirlo basta provare a cantarla. Una volta iniziata, non si può più fermare.
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